di Elena Mazzoni *
Lo scorso 15 febbraio il Parlamento Europeo, riunito in plenaria a Strasburgo, ha ratificato, con 408 voti a favore e 254 contrari, il CETA, l’accordo economico e commerciale globale tra Canada ed Unione Europea, il tutto nel più assoluto silenzio dei media italiani e tra le grida di protesta di cittadini, associazioni, movimenti ed ong che, già nel novembre del 2016, avevano scritto una lettera https://stop-ttip-italia.net/4079-2/ alle istituzioni europee, denunciando tutte le criticità dell’Accordo.
Nonostante il CETA sia passato a Strasburgo con il benestare di parte degli eurodeputati eletti nel PD, non deve passare l’idea che quest’ultimo sia un buon affare per il nostro Paese. Esattamente come il TTIP, infatti, l’accordo con il Canada abbassa il livello di tutela dei diritti e dell’ambiente in Europa e in Italia. Si rischia un abbandono definitivo del principio di precauzione in favore di un approccio irresponsabile che va a scapito dei lavoratori, dei servizi e della qualità dei prodotti. Questa deriva va fermata immediatamente dai Paesi che più avrebbero da perdere approvando il CETA. L’Italia rischia 40 mila posti di lavoro, una riduzione della sicurezza alimentare, un indebolimento della lotta al cambiamento climatico, il probabile ingresso di OGM e di prodotti trattati con pesticidi non consentiti in Europa, e la competizione delle sue piccole imprese con prodotti di scarsa qualità in misura tale da mandare in rovina interi settori dell’economia locale.
Il CETA è stato negoziato con un minimo coinvolgimento dei parlamentari europei e fuori dal controllo di molti parlamentari nazionali. L’accordo, composto da più di 1500 pagine è stato reso disponibile in tutte le lingue dell’Unione solamente da luglio 2016
L’iter negoziale condotto dalla Commissione Europea per giungere all’Accordo, non ha inoltre tenuto conto di alcune raccomandazioni espresse dal Parlamento Europeo nelle sue risoluzioni, ad esempio quella che richiedeva di non discutere di ambiti come la chimica, escludere le politiche in contrasto al riscaldamento globale, dalle legislazioni che potrebbero essere bersaglio di ricorsi presso i tribunali di arbitrato e chiesto il pieno rispetto dei sistemi normativi in vigore nei paesi contraenti al momento della firma.
Nel luglio del 2016 inoltre, il Consiglio Europeo si è pronunciato sulla natura dell’Accordo, determinando il profilo misto del CETA, stabilendo quindi che debba essere ratificato dai parlamenti nazionali e non solo dal Parlamento Europeo, contrariamente alla posizione sostenuta dal Governo italiano con una lettera, inviata dal Ministro per lo sviluppo economico Carlo Calenda, alla Commissaria al Commercio internazionale dell’ UE Cecilia Malmstrom https://stopttipitalia.files.wordpress.com/2016/06/lettera-calenda-2.pdf.
I Trattati europei stabiliscono che, soprattutto sugli investimenti, alcuni temi potrebbero ricadere, in parte sotto la competenza esclusiva EU, in parte sotto quella dei singoli Stati nazionali. Ma il CETA è un accordo ampio e pieno di temi rispetto ai quali i Trattati possono essere interpretati in modi diversi per questo, anche considerando che una situazione di incertezza simile si è verificata anche riguardo l’accordo di liberalizzazione commerciale tra Europa e Singapore, la Commissione ha chiesto un parere alla Corte di Giustizia.
Nel frattempo però, la ratifica parlamentare dello scorso 15 febbraio prevede che il CETA, per la parte di competenza europea, entrerà provvisoriamente in vigore senza attendere il vaglio dei 38 Parlamenti nazionali presenti nei 28 Stati membri.
La battaglia della società civile si sposta adesso a livello nazionale. Come Campagna StopTTIP e StopCETA monitoreremo gli impatti dell’accordo, dimostrando che avevamo ragione a criticarne l’impianto, e spingeremo il Parlamento italiano a bloccare questo trattato dannoso per i nostri cittadini e lavoratori. I parlamentari europei, in particolare socialdemocratici e popolari, hanno abdicato al loro ruolo di garanti dei diritti e dell’ambiente ma i cittadini italiani hanno modo e tempo di far sentire, ancora una volta, la loro voce contro questo accordo e fermarne la ratifica nazionale.
Ma cosa c’è davvero dentro il CETA che ci deve preoccupare?
– Il CETA permetterebbe a migliaia di grandi aziende di portare a giudizio i Governi su misure legittime e non discriminatorie di protezione sociale e ambientale. Non c’è nulla nell’accordo o nelle dichiarazioni allegate che bloccherebbe le multinazionale dall’utilizzare il diritto degli investitori sostenuto nel CETA dallo sfidare i decisori politici dal legiferare su questioni di pubblico interesse, per esempio sulla lotta al cambiamento climatico. Il CETA lascia inoltre la porta aperta alla compensazione economica per quelle imprese per i profitti futuri non realizzati nel momento in cui una decisione politica dovesse impattare sui loro investimenti. Più che riformare il processo di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, il CETA lo espande e lo consolida (I).
– La Corte sugli Investimenti (Investment Court System, ICS) garantisce i diritti degli investitori ma non inserisce alcun obbligo per le aziende. Non permette a cittadini, comunità o sindacati di fare ricorso quando un’impresa viola leggi di tutela ambientale, del diritto del lavoro, alla salute o della sicurezza. Rischia inoltre di essere incompatibile con le leggi europee per il fatto che stabilisce un sistema legale parallelo, che permette agli investitori di aggirare le corti giuridiche esistenti. L’ICS è discriminatorio perchè garantisce i diritti agli investitori stranieri ma non li rende accessibili ai cittadini e alle imprese nazionali (II).
– In netto contrasto con i diritti per le multinazionali, le regole del CETA sul diritto del lavoro e sullo sviluppo sostenibile non possono essere efficacemente applicate attraverso sanazioni. Rimangono vuote dichiarazioni senza alcuna possibilità di preservarle rispetto ai rischi che provengono da altri capitoli dell’accordo sui diritti dei lavoratori, sulla protezione ambientale e sulla lotta al cambiamento climatico (III).
– Il CETA limita seriamente l’abilità dei Governi di promuovere, espandere e regolare i servizi pubblici e di ritornare indietro da liberalizzazioni fallimentari e privatizzazioni. Il CETA è il primo accordo europeo che rende la liberalizzazione dei servizi una regola e il legiferare nel pubblico interessa un’eccezione. Tutto ciò mette a rischio l’accesso dei cittadini a servizi di alta qualità come l’acqua, i trasporti, i servizi sociali e sanitari così come ogni tentativo di invertire la rotta da liberalizzazioni fallite e privatizzazioni. Il CETA è il primo accordo che rende la privatizzazioni dei servizi una regola e il legiferare nel pubblico interesse un’eccezione. Tutto ciò minaccerà l’accesso delle persone a servizi di alta qualità come acqua, trasporti, servizi sociali e sanitari così come ogni tentativo di fornire servizi pubblici in linea con gli obiettivi di pubblico interesse (IV).
– Uno studio indipendente degli impatti economici del CETA stima che ci sarà una perdita di posti di lavoro in Canada e in Europa, che la crescita economica sarebbe più lenta che non senza accordo e che i guadagni di reddito (relativamente bassi) andrebbero soprattutto ai grandi capitali più che ai lavoratori, con il risultato di una progressiva crescita dell’ineguaglianza (V).
– Il CETA rende il Canada e l’Unuone Europea più vulnerabili alle crisi finanziarie liberalizzando ulteriormente i mercati finanziari e limitando fortemente le riforme volte a rimuovere le cause principali di instabilità finanziaria e a garantire una migliore protezione dei consumatori e dell’economia nel suo complesso (VI).
– Il CETA farebbe aumentare i costi di prescrizione di medicinali canadesi di almeno 850 milioni di dollari canadesi all’anno (583 milioni di euro). Avrebbe un impatto negativo sui diritti fondamentali come il diritto alla privacy e alla protezione dei dati e il limite alla capacità di UE e Canada di ripristinare i diritti di proprietà intellettuale (IPR) che limitano l’accesso alla conoscenza e all’innovazione. Alcuni dei diritti di proprietà intellettuale presenti nel CETA somigliano da vicino al testo dell’accordo commerciale anticontraffazione (ACTA), che è stato rifiutato dal Parlamento Europeo nel 2012 (VII).
– Le regole di cooperazione normativa e regolamentazione nazionale presenti nel CETA metteranno oneri aggiuntivi sui regolatori e rafforzeranno il ruolo delle lobby imprenditoriali nel processo di elaborazione delle politiche, minando potenzialmente la legislazione nell’interesse pubblico (VIII).
– Su entrambi i lati dell’Atlantico il CETA esporrebbe gli agricoltori a pressioni competitive che andrebbero a minare il loro sostentamento con poco guadagno per i consumatori; aumenterebbe il controllo delle imprese sui semi; ostacolerebbe politiche alimentari basate sull’acquisto a km zero e minaccerebbe le norme di trasformazione e di produzione dei prodotti alimentari, minando gli sforzi per incrementare l’agricoltura sostenibile (IX).
– Misure precauzionali a tutela dei consumatori, della salute pubblica e dell’ambiente, potrebbero essere impugnate sotto CETA poiché considerate eccessivamente gravose, non “basate sulla scienza” o perché mascherate da barriere commerciali. Nulla, nelle dichiarazioni di testo o di accompagnamento del CETA, protegge efficacemente il ruolo del principio di precauzione nella politica di regolamentazione europea, mentre alcune sezioni addirittura si riferiscono a principi contrastanti (X).
– Il CETA è il risultato di un processo di negoziazione segreto tra il precedente governo canadese e la precedente Commissione europea. Il testo finale del CETA e le dichiarazioni di accompagnamento ignorano quasi tutti gli emendamenti ragionevoli e molto specifici proposti dalla società civile per affrontare i difetti dell’accordo (XI).
Per tutti questi motivi dobbiamo spostare il terreno di lotta e confronto sul Parlamento italiano, seguiteci su https://stop-ttip-italia.net/
(*) Coordinatrice Campagna StopTTIP-StopCETA
I. CETA, attacco al cuore dei diritti (ITA); CETA – Trading away democracy
II.The Zombie ISDS. Rebranded as ICS, rights for corporations to sue states refuse to die
III. “Diritti del lavoro” in: CETA, attacco al cuore dei diritti (ITA); oppure “CETA e cambiamento climatico (ITA)” o “Labour rights” in Making sense of CETA
VI. “The financial services chapter: Inflating bank profits at the expense of citizens”, in Making sense of CETA
VII. ACTA-CETA similarities; Trade and Privacy: Complicated bedfellows? How to achieve data protection-proof free trade agreements?; e “Patents, copyright and innovation” e “Canada-specific concerns”, in Making sense of CETA
VIII. CETA, attacco al cuore dei diritti (ITA); “Limiting how and what government regulates” e “More cooperation for less regulation”, in Making sense of CETA; and CIEL letter to Minister-President Magnette
IX. “Butta quella pasta” (ITA) e “CETA’s threat to agricultural markets and food quality”, in Making sense of CETA
X. CETA, TTIP e il Principio di precauzione
XI. Per esempi di emendamenti specifici proposti da sindacati e organizzazioni ambientaliste vedere: Protocol on Dispute Settlement and Institutional Mechanisms for the trade and sustainable development and trade and labour provisions; Understanding on the Provision of Public Services and Procurement; Protocol on Investment Protection; Understanding on the Precautionary Principle; BUND proposals for amendments on public services, the precautionary principle and the promotion of renewable energy