Giubileo o debiti di guerra

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di Antonio de Lellis  (articolo pubblicato su Comune.info il 4 dicembre 2024)

Il debito internazionale non smette di crescere. La causa? La spirale debito-interessi. A proposito di debito: l’Italia è pronta a fornire a Kiev un nuovo pacchetto di armi con il decimo decreto

Non sembra vero, ma la Banca Mondiale ammette la necessità di un giubileo del debito, dichiarando che «I Paesi più poveri hanno bisogno di una riduzione del debito. I creditori privati, che fanno prestiti rischiosi e ad alto tasso di interesse, dovrebbero sostenere una parte dei costi quando la scommessa va male». È questo perché nel 2023 è stata spesa una cifra record, togliendo risorse a settori critici come sanità, istruzione, ambiente.

Debito record, tassi di interesse ai massimi da due decenni e deprezzamento delle valute sul dollaro hanno portato il costo totale del servizio del debito a un massimo storico per i Paesi in via di sviluppo: rimborso del capitale e interessi è costato 971,1 miliardi di dollari nel 2023, un aumento del 19,7% rispetto all’anno precedente e più del doppio rispetto a dieci anni fa. Secondo il Rapporto sul debito internazionale della Banca Mondiale, pubblicato il 3 dicembre, se nel novero delle nazioni a basso e medio reddito si considera anche la Cina, che tuttavia è la seconda economia al mondo, l’esborso sale a 1.400 miliardi di dollari. La causa di tutto ciò è la spirale debito-interessi.

Il Covid-19 ha aumentato drasticamente l’onere del debito di tutti i Paesi in via di sviluppo e la successiva impennata dei tassi di interesse globali ha aggravato ancora la situazione. Su questi stessi Paesi, che hanno le più difficili condizioni di accesso al credito, la pressione finanziaria è stata più forte. Con l’inasprirsi delle condizioni di credito, la Banca Mondiale e altre istituzioni multilaterali sono diventate di fatto «prestatori di ultima istanza, per questi Paesi, un ruolo per il quale non sono state concepite», avvisa la BM.

Il sistema di finanziamento è «disfunzionale»: «il denaro sta uscendo dalle economie povere, quando invece dovrebbe entrare». In un cortocircuito che vede i finanziamenti delle banche multilaterali finire nei bilanci degli investitori privati. Non si può permettere che le istituzioni multilaterali e i creditori pubblici si assumono la quasi totalità dei rischi e i creditori privati raccolgono praticamente tutti i guadagni». E tutto questo nel momento in cui Rutte si schiera con il tycoon Usa affermando che «Il 2% del Pil ora non basta più». Al momento 23 dei 32 alleati hanno raggiunto la soglia del 2%. L’Italia è all’1,49%.

Ma lo scenario di guerra economica che prelude a un futuro apocalittico si sta inverando: la Cina reagisce ai dazi sui microchip e vieta l’export verso gli Stati Uniti di materiali fondamentali per produrre semiconduttori e batterie. In meno di 24 ore la battaglia per la supremazia hi-tech tra le prime due potenze economiche del pianeta si è inasprita. Pechino ha deciso di bloccare le spedizioni negli Stati Uniti di diversi minerali e metalli “a duplice uso” utilizzati per i semiconduttori e nelle applicazioni militari. Nel mirino gallio, germanio, antimonio e materiali superduri ma anche la grafite, con controlli più severi per gli articoli correlati. Sempre degli Usa il presidente eletto ha confermato la sua opposizione all’acquisizione della Us Steel dai giapponesi di Nippon Steel. Il messaggio è chiaro: chiunque voglia acquistare un’azienda statunitense dovrà essere pronto a combattere. Perché il tempo del ritorno al protezionismo non significa solo nuovi dazi alle frontiere, ma una retorica costante che incombe sul mercato.

E in Italia? Si votano i debiti di guerra. È infatti pronto il decimo pacchetto e il decreto per il 2025. La decisione è presa: l’Italia è pronta a fornire a Kiev un nuovo pacchetto di armi per fronteggiare la Russia e ad estendere la possibilità di inviare aiuti all’Ucraina anche nel 2025. La lista degli invii è secretata ma le ipotesi che circolano riguardano nuovi munizionamenti per i sistemi di difesa antiaerea. Il primo ad invocarne un aumento della produzione è lo stesso ministro della Difesa Guido Crosetto, che auspica il raddoppio della linea di produzione.

Il prossimo anno si apre all’insegna del Giubileo della speranza, e tutti noi sappiamo di quanto ne avremmo bisogno. Ecco perché è arrivato il momento di costruire una società della nonviolenza, della cura e dei beni comuni, partendo dal giubileo del debito e dal bandire la guerra e le armi dalla storia.

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