Eric Toussaint: “Il debito, un’arma di dominazione politica da due secoli”

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La crisi dei debiti pubblici del sud dell’Europa, é dovuta al lassismo dei governi greco e spagnolo”, “annullare i debiti sarebbe come vedere la madonna”.

Queste idee inculcate invadono il dibattito pubblico da 10 anni. Nel suo ultimo libro, E.T. storico e fondatore del CADTM internazionale, si impegna a decostruirli metodicamente. Riproponendo il problema dell’indebitamento pubblico, nella lunga storia del capitalismo, l’autore mostra come i paesi imperialisti utilizzino il debito pubblico come un’arma di dominazione dei paesi poveri, dall’inizio del 19° secolo, con la complicità delle loro rispettive borghesie. Argomenti giuridici e storici alla mano, offre delle vie d’uscita per sbarazzarsi di questa camicia di forza.

Intervista comparsa su L’Humanité dimanche del 04/02/18. Traduzione a cura di Raphael Pepe 

HD: Lei mostra nel suo libro come il debito sovrano sia utilizzato dalle potenze capitaliste (il centro) come strumento di dominazione politica dei paesi poveri (le periferie). A quando risale questo fenomeno?

ET: Ciò comincia a strutturarsi a partire dagli anni 20 dell’ottocento, nel momento in cui alcune grandi potenze utilizzano il debito sovrano di altri Stati per sottometterli, nell’ambito di politiche che più tardi si definiranno imperialiste. Alcuni Stati dell’America latina, che si sono sottratti al capitalismo, sono ricaduti, loro malgrado in una nuova forma di dipendenza, quella del debito estero. I nuovi Stati, in carenza di finanziamenti, prendono in prestito delle somme considerevoli, presso dei banchieri di Londra, a tassi molto elevati, ma ricevono solo una piccola somma di denaro, a causa dell’ammontare delle commissioni richieste. I paesi periferici si trovano intrappolati in logiche fuori dal loro controllo e che riguardano il funzionamento ciclico del capitalismo. Nei periodi di espansione economica, i banchieri dei paesi del centro investono i loro capitali eccedenti nei debiti sovrani dei paesi periferici. Quando le crisi finanziarie scoppiano, come per esempio la crisi bancaria inglese del 1825, questi stessi banchieri, chiudono i rubinetti dei prestiti, privando i paesi periferici dei mezzi per rimborsare ciò che devono. Nella realtà, sono quasi sempre i paesi del centro che provocano le crisi economiche dei paesi periferici, contrariamente a quanto pretende la narrazione dominante. Questo è successo nel 1825, ed è successo ancora con la crisi del debito greca, scoppiata nell’alveo del crack del 2008 a Wall Street.

HD: L’idea non è più quella di esonerare i poteri locali dalle loro responsabilità: lei non perde occasione per sottolineare che le borghesie locali prosperano su questi debiti esteri…

ET: è proprio per questo che io parlo di un “sistema debito”. Vi è una complicità fra le classi dominanti dei paesi del centro e quelle dei paesi periferici. Queste ultime trovano il loro vantaggio nelle strategie di indebitamento: i loro governi chiedono un prestito per finanziare le politiche pubbliche, invece di tassarle! Nello stesso tempo, le classi dominanti acquistano dei titoli di debito, che assicurano loro una rendita notevole. E’ per questo motivo che le borghesie locali non si espongono per l’annullamento dei debiti dei propri paesi: esse ne traggono profitto!

HD: è ancora oggi oggi…

ET: Le classi dominanti di paesi come gli Stati Uniti o la Francia, anche se tengono dei discorsi demagogici sugli “eccessi” dell’indebitamento pubblico, traggono profitto da esso. E’ un investimento assolutamente sicuro perché è garantito dallo stato.

HD: Lei dimostra che il debito, diventando sistema, occupa un posto prioritario nel funzionamento del capitalismo. Il debito è primordiale secondo lei?

ET: Si, anche se io non mi limito al debito: gli accordi di libero scambio, per esempio, costituiscono un’altra strategia di dominazione, utilizzata dal XIX° secolo. Le potenze del centro obbligavano i paesi periferici a concludere questi accordi, che li privavano di fatto di una parte della loro sovranità.

HD: Lei ripercorre le origini del “debito odioso”: a cosa corrispondono?

ET: Il giurista Alexandre Sack, studiando la giurisprudenza in tema di risoluzione di liti in materia di debiti, nel 1927 ha formulato questa dottrina: se un prestito è accordato ad uno Stato in modo manifestamente contrario agli interessi della sua popolazione e se il creditore ne era cosciente, o era nelle condizioni di esserlo, un debito può essere considerato odioso e quindi dichiarato nullo.Sack ha elaborato questa dottrina per difendere gli interessi dei banchieri che avvisava così dei rischi a cui si esponevano, in particolare in caso di cambio di regime nel paese debitore.

HD: Giustamente, lei ha sviluppato numerosi esempi storici di annullamento del debito.

ET: In due secoli, il sistema debito ha prodotto molteplici reazioni arrivando al ripudio del debito, sulla base del fatto che il prestito non era servito agli interessi della popolazione: è ciò che è stato fatto fra gli altri da quattro stati degli USA nel 1830, dal Messico nel 1861, o ancora dal governo sovietico nel febbraio 1918.

HD: Sotto quali aspetti la dottrina di Sack resta applicabile?

ET: I suoi due criteri sono assolutamente validi nel caso della Grecia di oggi! I debiti reclamati dalla Troika sono stati contratti dai suoi governi successivi per condurre delle politiche contrarie agli interessi della popolazione. I governi francese e tedesco in particolare hanno creato la Troika per prestare del denaro alla Grecia, a condizione che questa rimborsasse gli interessi alle banche private dei loro rispettivi paesi, che privatizzasse, riducesse salari e pensioni, chiudesse gli ospedali…Inoltre i creditori avevano tutti gli elementi per sapere che dettavano condizioni contrarie agli interessi del popolo greco e in violazione della costituzione del paese, così come del diritto internazionale. Siamo di fronte ad un debito odioso quasi puro.

HD: Ma non è illusorio appellarsi all’annullamento del debito greco avendo visto i rapporti di forza in Europa?

ET: Non è illusorio continuare a pagare il debito e sperare di ottenere giustizia? I governi greci lo hanno fatto e la sottomissione non è stata ripagata. La Grecia è un capro espiatorio, incarna le minacce che fanno pesare le potenze europee sugli altri stati europei della periferia.

HD: Se l’annullamento del debito è una battaglia fondamentale, Lei afferma comunque che non è sufficiente…

ET: Annullare un debito senza intaccare le politiche monetarie, fiscali, il sistema bancario, gli accordi commerciali e senza affermare la democrazia politica, condannerebbe ad un nuovo ciclo di indebitamento, numerosi esempi nella storia lo dimostrano. 

HD: Dal punto di vista delle battaglie che Lei conduce da più di 25 anni in quanto fondatore e portavoce del CADTM, quali avanzamenti osserva?

ET: Le esperienze precedenti di ripudio dei debiti erano delle iniziative degli stati con il sostegno popolare, ma i cittadini non partecipavano direttamente. D’altronde, la battaglia per l’annullamento del debito del terzo mondo, all’origine della nostra azione, si è trasformata: sempre più i cittadini del nord prendono coscienza che il sistema del debito è per loro svantaggioso. Da una dozzina d’anni, i cittadini acquisiscono degli strumenti per mettere in causa il pagamento dei debiti illegittimi, come in particolare l’audit a partecipazione cittadina dell’Ecuador al quale ho preso parte nel 2007-08, la Commissione d’audit creata in Grecia nel 2015 dalla presidente del Parlamento e che io ho coordinato, o ancora il centinaio di municipalità spagnole che conducono delle azioni in questo senso. Il movimento cresce.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 32 di Gennaio-Febbraio 2018: “Debito globale: come uscirne?

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