Editoriale – Per una convergenza di svolta. Fermiamo l’Europa armata!

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di Raffaella Bolini (Arci) e Vittorio Lovera (Attac Italia)

 

Premessa all’editoriale

di Vittorio Lovera

“Nessuna pace è possibile senza un vero disarmo!

L’esigenza che ogni popolo ha di provvedere alla propria difesa

non può trasformarsi in una corsa generale al riarmo”

papa Francesco

Passo volentieri la penna per questo editoriale a Raffaella Bolini, ma prima una premessa introduttiva.

In questi giorni si è attivato finalmente un percorso di convergenza per fermare l’Europa armata.

In brevissimo tempo la Campagna Stop ReArm Europe ha superato le 900 adesioni nel vecchio Continente, in Italia sono già 240, e coinvolto Associazioni di Spagna, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Romania, Svezia, Francia, Svizzera, Austria, Irlanda, Regno Unito e Paesi Bassi.

Attac Italia è tra le realtà che hanno favorito il lancio di questa Campagna europea e Raffaella Bolini -Vicepresidente nazionale dell’Arci – è stata, ancora una volta, punto di riferimento fondamentale affinché questa convergenza potesse realizzarsi.

Un vero piacere e un onore che sia lei a presentare la Campagna con l’editoriale di questo Granello di Sabbia.

L’Europa che non c’è è l’ennesimo Granello di Sabbia che dedichiamo alla questione Europa (Euro Rotture, n. 5/2013; Europa: ultima stazione, n. 6/2013; Elezioni UE. Verso quale modello di Europa, n.12/2014; Le battaglie di Attac in Europa, n.20/2015; Europa: la deriva di un Continente?, n.37/2018; Europa: a che punto è la notte?, n. 52/2024) criticando fortemente un’Unione europea incardinata solo su una visione economicista e ‘austeritaria’, incapace anche solo di provare a ragionare sulle questioni sociali, ambientali, lavorative, sanitarie, di accoglienza.

Da prima dello scoppio della guerra in Ucraina (24 febbraio 2022) gli sforzi di analisi di Attac Italia e di Cadtm Italia (Comitato per l’abolizione dei debiti illegittimi) si sono incentrati sulla nuova fase del modello dominante neoliberista, imperniato sul costante arretramento dei concetti di democrazia, giustizia ed eguaglianza, e concentrato a monetizzare, senza scrupolo alcuno, su crisi climatiche, pandemie e guerre. Buona parte di queste analisi si trovano riassunte nel volume Uscire dalla guerra, per un’economia di pace (Cittadella editrice, 2023) a cura dei nostri Antonio De Lellis, Rosetta Placido e Stefano Risso.

Le ultime edizioni delle Università estive di Attac Italia hanno sempre trattato il tema dell’economia di pace e attivisti attacchini hanno realizzato partecipati seminari sul tema: Camaldoli, Pesaro e Bocca di Magra (SP).

All’interno dei confronti tra gli Attac europei, la delegazione di Attac Italia (Roberto Spini, Stefano Risso e Giovanni Maniscalco) ha lanciato la proposta di un ’Giubileo del debito‘ mentre un gruppo di lavoro interno, coordinato dal nostro Presidente Antonio de Lellis (Rosetta Placido, Stefano Risso, Mauro Giampaoli, Marco Noris, Roberto Guaglianone, Fiorella Bome’ e Cristiano Bordin) ha prodotto il documento Pace e Guerra (che potete leggere anche in questo Granello) con un lavoro di analisi, interpretazione e proposta davvero eccezionale, base concreta per ridare stimolo e unità di intenti a quel movimento pacifista che il New York Times nel 2003 (guerra in Iraq) definì la terza lobby più potente del mondo.

Mentre i cittadini di tutto il mondo anelano pace e disarmo, la Commissione europea e l’Alto rappresentante per gli Affari esteri (burocrati, ma pomposi …) hanno presentato il White Paper for European Defence – Readiness 2030, accompagnato dal folle Piano operativo ReArm Europe; in questo numero ne tratta puntualmente l’articolo di Marco Bersani.

Un Piano da 800 miliardi di euro, 650 derivanti dalla flessibilità fiscale agli Stati membri (per le armi si deroga all’austerity), 150 da prestiti agevolati. Il tutto in un’Europa che ha un quarto  della sua popolazione che vive sotto la soglia di povertà: oltre 96 milioni di cittadini europei vivono in indigenza (!!!).

Dopo dichiarazioni e show (indegni) di Donald Trump che dichiarava che in poche settimane avrebbe chiuso tutte di guerre, il genocidio di Gaza e nella Palestina ha subito una inammissibile recrudescenza, la guerra in Ucraina prosegue senza fine e nuovi scenari bellicisti stanno esplodendo tra India e Pakistan.

La Campagna europea Stop ReArm Europe rappresenta una possibile duratura convergenza, capace di provare ad affrontare da sinistra i mille nodi che attanagliano il pianeta, partendo dal tema centrale della necessità del disarmo per garantire una pace duratura. Direzione contraria e opposta a quella messa in campo dalla guerrafondaia Ursula von der Leyen (già ministra della Difesa in Germania e, in quella veste inquisita, per ‘favori‘ alle lobbies delle armi).

Tessere una tela unitaria è nella natura intrinseca di Attac Italia: dopo il Comitato Tobin Tax,  il Forum dei Movimenti per l’acqua pubblica, la Società della cura, Riprendiamoci il Comune ci batteremo fino allo sfinimento perché Stop ReArm Europe  possa vincere la sua battaglia di scopo e diventare un percorso ancora più pregno di alti obiettivi.

Chi non si batte per il disarmo è complice delle guerre.

Mentre scrivo, dal camino posto sulla Basilica di San Pietro per annunciare ai fedeli l’esito delle votazioni del Conclave per l’elezione del successore di papa Francesco, ecco la fumata bianca: habemus papam. Dopo soli quattro scrutini.

Attendiamo di conoscere chi sia stato eletto e dopo circa un’ora ecco la sorpresa ovvero si palesa la conferma della regola che chi entra in Conclave da papa ne esce da cardinale. I tre cardinali italiani, bergogliani di ferro, dati per favoriti, Pietro Parolin, Pierbattista Pizzaballa e Matteo Maria Zuppi, rimangono fermi al palo.

Per la prima volta nella storia millenaria della Chiesa, l’eletto è yankee, nordamericano. Di questi tempi, non è una gran bella prima sensazione. Eletto – si dice – coi voti dei cardinali moderati. Poi, che fosse un predestinato lo si intuisce dal suo cognome, Prevost, che nel mio dialetto di riferimento (il milanese), è il coordinatore di più parrocchie: nomen omen.

Sceglie quale nome pontificio quello di Leone, giunto al XIV utilizzo. Il suo predecessore, il XIII, italiano de Roma, pontificò 25 anni e scrisse 86 encicliche, di cui una veramente inattesa e di svolta vera: la Rerum Novarum. Venne appellato come il papa dei lavoratori o il papa sociale.

Mentre Leone I fu il papa che, con le parole, fermò Attila. Un buon segno premonitore? Il tempo dirà.

La mia personale sensazione di disorientamento, si affievolisce un po’. Speriamo sappia essere altrettanto innovatore e ’rivoluzionario‘ quanto Francesco, autore di encicliche sociali illuminanti quali Lumen Fidei, Fratelli tutti e Laudato si’.

Nel suo primo discorso ai fedeli, letto – prima volta nelle elezioni pontificie –, indice di somma meditazione e precisione e di non voler lasciare nulla all’imprevisto, Leone XIV ha citato per ben dieci volte la parola pace, “(…) una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante”.

Papa Francesco scelse Lampedusa come meta del suo primo viaggio pastorale, mandando un preciso messaggio di ecumenica accoglienza. Presto vedremo se Leone XIV saprà scegliere Gaza e la martoriata Palestina, perché – a mio modesto avviso – per essere reali pacificatori occorre saper essere volutamente imprudenti.

Attac Italia e Cadtm Italia vennero invitate nel 2016 dal Pontefice in sala Nervi, per il terzo incontro mondiale dei Movimenti popolari, “Las 3 T: Tierra, Techo y Trabajo”, con focus su cura della natura, migranti e rifugiati.

Attac Italia rinnova il proprio cordoglio per la perdita di una Persona speciale anche per i non credenti: umile, sobrio, deciso, determinato, semplice, amorevole, nemico dei privilegi, amico degli ultimi. Un grande papa. Ci mancherà.

Concludo questa premessa ricordando la prematura scomparsa del nostro Antonio Manti (Attac Genova), condoglianze alla famiglia, e esprimo tutta la solidarietà e il rispetto di Attac Italia a Nives Monda, la compagna ristoratrice napoletana (che ci ha più volte sfamato con le sue leccornie nella sua Taverna a Santa Chiara), sodale di Attac Napoli e dell’ex Asilo Filangieri, attaccata per aver praticato, con gentilezza e coerenza, il diritto del suo locale di boicottare Israele. Come facciamo quotidianamente tutte e tutti noi, che contestiamo le politiche israeliane (Benjamin Nethanyau criminale, in guerra e in pace) senza essere assolutamente antisemiti.

Grazie Nives!!

Peace & Love

Ferma il Riarmo. Le alternative possibili… (fermailriarmo.it)

Editoriale

di Raffaella Bolini

Il 5 maggio 2025 si è tenuta online la prima riunione europea delle organizzazioni aderenti a Stop ReArm Europe. È passato poco più di un mese da quando la Campagna è partita. E ancora c’è tanto da fare. Ma quando la storia fa i salti nel buio, non si può restare a guardare.

L’Europa reale, che non è quella dei sogni e neppure quella del Manifesto di Ventotene, si ritrova dopo l’elezione di Donald Trump di nuovo schiacciata fra due imperialismi reazionari. Ha creato sconcerto, in Europa, lo strappo della destra globale e del tecno-capitalismo estremo che, dopo aver asservito la democrazia al mercato, ora vogliono fare del tutto a meno dello stato di diritto e lanciano l’assalto dal cuore dell’occidente, gli Stati Uniti d’America.

La reazione dell’Unione europea è la peggiore possibile: riarmarsi fino ai denti, prepararsi alla guerra e preparare la cittadinanza alla guerra, alimentando un clima di isteria bellicista e guerrafondaia. Con il paradosso che, mentre si piange il lutto per l’abbandono di Trump, gli si continua a obbedire. Lui ordina di riarmarsi e l’Ue esegue.

La Risoluzione del Parlamento europeo sulla politica di sicurezza e difesa comune è un incubo. Definisce la Russia come la minaccia più grave nella storia del mondo, dichiara la Cina nemico globale, promette programmi di addestramento dei giovani civili alla difesa armata e, ovviamente, conferma i nuovi 800 miliardi di euro per le armi – le uniche spese fuori dalla nuova austerità. Mentre continua la complicità e la collaborazione con Israele nel genocidio di Gaza e nel progetto di pulizia etnica della Palestina.

Abbiamo promosso Stop ReArm Europe, in modo quasi artigianale, in una sola settimana. In poco tempo le adesioni collettive sono già quattrocento e aumentano di giorno in giorno.

A queste se ne aggiungono altre cinquecento spagnole, raccolte su un appello che ha deciso di convergere nella Campagna europea. Oltre alla Spagna, le adesioni sono arrivate da Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Romania, Svezia, Francia, Svizzera, Austria, Irlanda, Regno Unito, Paesi Bassi.

Molte sono reti che riuniscono organizzazioni di diversi Paesi. Moltissime sono italiane. È stata inoltre attivata anche la raccolta di adesioni individuali, per rispondere a una grande richiesta di partecipazione che arriva da singole persone, da personalità e persone impegnate in diverse Istituzioni.
E, per le figure del mondo accademico, il sito web stoprearm.org rimanda alla petizione ’Scienziati contro il riarmo‘ lanciata da diverse organizzazioni fra cui la Bertrand Russell Peace Foundation, con la prima firma di Carlo Rovelli.

Stop ReArm Europe non è una petizione. Non si tratta di mettere una firma. È uno strumento per ricostruire un Movimento europeo.
E non chiama a raccolta solo i pacifisti e le organizzazioni dedicate alla pace e al disarmo. Fra i firmatari ci sono reti altermondialiste, gruppi femministi, ecologisti, soggetti sindacali. Ed è aperta anche alle adesioni di soggetti politici e partiti.

Per fermare il riarmo e ribellarsi contro la preparazione della guerra in Europa, bisogna ricostruire i legami e l’iniziativa comune di tutti coloro che si battono contro l’Europa reale e per un’altra Europa. Sarà un lavoro lungo, siamo appena agli inizi. Ma è un lavoro da fare.

La crisi globale dal 2008 ha frammentato i grandi Movimenti di inizio millennio e ha rinchiuso tanti attori sociali a occuparsi del disagio sociale e democratico crescente nei propri confini nazionali e nelle proprie comunità. Ora c’è da ritessere quei fili, portatori di tanta esperienza e sapere pacifista, no-war, altro-europeista e intrecciarli con le nuove generazioni, le nuove culture politiche e le nuove forme di attivismo.

Non è facile. C’è da provare a sanare fratture, come quella che ha portato tante organizzazioni di sinistra e antifasciste, soprattutto nell’Est Europa ma non solo, a sostenere l’invio delle armi europee in Ucraina in nome del diritto di resistenza.

Non si può ignorare che, nell’Europa orientale e baltica, è diffusa la paura di essere le prossime vittime di nuove invasioni, e questo crea terreno fertile alla incultura politica dominante, che pretende di garantire sicurezza con le armi.

Nella dimensione sindacale europea, non sono purtroppo poche le illusioni che la riconversione bellica della produzione europea possa portare un respiro di sollievo all’economia e all’occupazione in crisi, nonostante tutti gli studi dimostrino che a salire saranno solo i già giganteschi profitti.

E pesano anche le differenze, e le divisioni, che in Europa ci sono state sulla Palestina. Solo ora, dopo un anno e mezzo di ecatombe a Gaza, mentre il piano di eliminazione dei palestinesi diviene ogni giorno più esplicito e dichiarato, si cominciano ad assottigliare le linee di confine che hanno impedito a molti, e non solo in Germania, di nominare la parola genocidio.

Non è una passeggiata, quindi. Ma questa volta ne va della vita, del presente, del futuro. E, come altre volte è accaduto nella storia dei Movimenti, tocca ai Paesi dove sono più radicati sia il sentimento popolare che le culture politiche pacifiste e anti-guerra farsi carico di indicare la rotta, segnare la strada e cominciare a percorrerla. Contaminando, convincendo, spostando i più timidi, gli incerti, gli indecisi.

Non è un caso che a lanciare Stop ReArm Europe, oltre a Reti europee e internazionali, siano state organizzazioni del Regno Unito e dell’Italia. Sono i due Paesi che iniziarono le due più grandi fasi di movimento contro la guerra degli ultimi decenni: il Movimento contro gli euromissili negli anni Ottanta e quello contro la guerra all’Iraq nel 2003. Trascinandosi dietro tutto il vecchio Continente e il pianeta intero. In condizioni diverse, sicuramente più difficili data la grande frammentazione geografica e tematica degli ultimi venti anni, la stessa cosa bisognerà provare a fare.

Nel 2003, fu forte la saldatura dei Movimenti in Europa con il Movimento no-war negli Stati Uniti. Anche in questi giorni, le piazza delle città Usa si vanno riempiendo di manifestazioni anti-Trump. Sono manifestazioni per la democrazia. “Militarismo fa rima con autoritarismo, repressione e chiusura degli spazi democratici. Fa rima con machismo e patriarcato, con razzismo, con due pesi e due misure e con l’omicidio del diritto internazionale”, questo è scritto nell’appello italiano di Stop ReArm Europe. E la ripresa di una relazione forte con i Movimenti statunitensi sarà sicuramente uno dei prossimi passi che la coalizione europea dovrà compiere.

In Italia, la maggioranza dei cittadini e delle cittadine è contro la guerra. Ha diritto ad essere rappresentata. Ed è dovere delle organizzazioni politiche e sociali costruire uno spazio aperto, largo, accogliente e per questo necessariamente unitario, capace non solo di rendere visibile quell’orientamento, ma di costruire opportunità di attivazione per tutti e per tutte.

In questi giorni stanno arrivando segnali forti, da molte parti, che danno voce all’esigenza di rompere barriere e steccati, di ritrovarsi insieme, di ricreare sul livello nazionale e locale sedi comuni, unitarie, coordinamenti larghi, dove ci si ritrovi sulle cose che abbiamo in comune e non sui particolari che dividono.

C’è bisogno di manifestare, e insieme lo faremo. Ma c’è bisogno soprattutto di costruire un percorso di accumulazione di forze dal basso, che attraversi e coinvolga i territori, le comunità, che faccia ritrovare il gusto di lavorare insieme, nessuno escluso: l’unica condizione è il rispetto per gli altri e le altre, e la disponibilità alla convergenza.

La Campagna italiana è coordinata dai promotori italiani di Stop Rearm Europe – Arci, Attac Italia, Transform – e da Ferma Il Riarmo, la Campagna unitaria promossa da Rete Italiana Pace e Disarmo, Sbilanciamoci, Fondazione Perugia Assisi e Greenpeace Italia.

Il programma che per ora ci siamo dati è un percorso di accumulazione che, mentre attraversa le scadenze e le mobilitazioni già in programma, come la Campagna referendaria e la grande manifestazione nazionale del 31 maggio 2025 contro il Decreto sicurezza, si esprime in decine di iniziative territoriali e diffuse, attraversando il Paese.

E il 21 giugno 2025, quando la Nato riunita a L’Aja deciderà il piano di riarmo europeo e nella città sono già in programma manifestazioni di massa, ci prepariamo a partecipare alla prima giornata europea di mobilitazione contro il riarmo e la guerra, con una grande manifestazione a Roma. E sarà solo l’inizio.

Iniziamo ad organizzarci. Sono tempi duri, c’è bisogno di tutti e di tutte. Ora che papa Francesco non c’è più e si è spenta l’unica voce tra i potenti del mondo contro la guerra e l’ingiustizia, la voce dei movimenti deve alzarsi più forte.

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 54 di Aprile- Maggio 2025: “L’Europa che non c’è

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