La pace non come fine della guerra, ma come inizio di un nuovo mondo

Condividi:

Loading

di Antonio De Lellis

Foto di Jonathan Meyer su Unsplash

Il prossimo anno si apre all’insegna del Giubileo della speranza, e tutti noi sappiamo di quanto ne avremmo bisogno. Ecco perché è arrivato il momento di costruire una società della nonviolenza, della cura e dei beni comuni, partendo dal giubileo del debito e dal bandire la guerra e le armi dalla storia.

E il Messaggio di papa Francesco sul tema “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace”, per la 58ma Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2025, va in questa direzione.

Prendendo spunto da quest’anno giubilare, Francesco invita “la comunità internazionale a intraprendere azioni di condono del debito estero, riconoscendo l’esistenza di un debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo. È un appello alla solidarietà, ma soprattutto alla giustizia”.

Ciascuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune”. Ed elenca i fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità»: le disparità di ogni sorta;  il trattamento disumano riservato alle persone migranti; il degrado ambientale; la confusione colpevolmente generata dalla disinformazione;  il rigetto di ogni tipo di dialogo; i cospicui finanziamenti dell’industria militare.

Servono dunque «cambiamenti culturali e strutturali, perché avvenga anche un cambiamento duraturo». “Il cambiamento culturale e strutturale per superare questa crisi avverrà quando ci riconosceremo finalmente tutti secondo una logica di responsabilità condivisa e diversificata”.

Quali sono le novità del messaggio, nella riflessione del magistero della pace? Una delle espressioni più innovative è: La pace non come fine della guerra, ma come inizio di un nuovo mondo. Ed è un richiamo alla pace positiva che significa guidare un’evoluzione in pace ovvero creare politiche, progetti, dialoghi e leadership di Pace Positiva. Un cambiamento positivo nel modo in cui gli individui e le organizzazioni pensano alla pace. Aumento dei livelli di coesione sociale, cooperazione e capacità di generare lavoro dignitoso. Comprensione della natura sistemica del come operano le società.

La pace rappresenta la meta dell’umanità, mentre la responsabilità e il dialogo rappresentano la pratica per liberarci dal debito, dalla pena di morte e dalle armi.

Il modo per raggiungerla dipende da presupposti economico-sociali.

I presupposti economici indicati sono: liberare i paesi dal debito estero; liberare il mondo dalla spesa in armi; realizzare una nuova architettura finanziaria mondiale.

I presupposti sociali auspicabili sono:  liberarci dalle disparità e disuguaglianze; liberarci dai trattamenti disumani la cui massima espressione è la pena di morte; liberarci dalla disinformazione; liberarci dal degrado ambientale.

Ma perché tutto questo accada occorre recuperare la responsabilità personale e collettiva e ripristinare il dialogo come pratica sociale e politica.

Indicare la meta della pace è fondamentale perché in questo momento storico sono in corso ricomposizioni e ri-conformazioni dell’assetto geopolitico mondiale.

Dopo la caduta del muro di Berlino, un solo modello economico occidentale e neoliberista si è imposto al mondo globalizzato, ma la grande competizione mondiale non l’hanno vinta i paesi che l’avevano propugnata, bensì altri tra cui la Cina, L’Arabia Saudita, la Russia. Questo ha creato paradossalmente un Occidente indebitato che aveva bisogno della liquidità per sostenere la propria macchina politica ed economica. Finché l’abbondante liquidità dei vincitori della globalizzazione ha sostenuto l’Occidente, non ci sono stati problemi.  Ma quando, dopo la crisi finanziaria mondiale del 2008 la credibilità finanziaria occidentale è venuta meno e i Paesi creditori hanno acquisito pacchetti di controllo sulle grandi società occidentali, il blocco dei paesi debitori ha scatenato una guerra fatta di sanzioni, dazi e tariffe che va sotto il nome di neo-protezionismo. Questo sistema va sotto il nome di guerra capitalista.

Le guerre economiche e finanziarie fanno da apripista alle guerre guerreggiate. L’Occidente sta cercando di imporre la perduta supremazia economica attraverso la presunta supremazia militare. Il risultato è un caos conflittuale, senza vincitori univoci né stabili che sta determinando una probabile lunga era della non pace.

La crisi del debito

“La logica dello sfruttamento del debitore descrive sinteticamente anche l’attuale “crisi del debito”, che affligge diversi Paesi, soprattutto del Sud del mondo”.

“Il debito estero è diventato uno strumento di controllo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni finanziarie private dei Paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri, pur di soddisfare le esigenze dei propri mercati. A ciò si aggiunga che diverse popolazioni, già gravate dal debito internazionale, si trovano costrette a portare anche il peso del debito ecologico dei Paesi più sviluppati. Il debito ecologico e il debito estero sono due facce di una stessa medaglia, di questa logica di sfruttamento, che culmina nella crisi del debito”.

Secondo un rapporto di UNCTAD, 54 Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa, spendono oggi in interessi netti sul debito oltre il 10% delle proprie entrate e 3,3 miliardi di persone vivono in Paesi che spendono più in interessi (70 dollari pro capite annui in Africa) che in salute (39 dollari) e in istruzione (60 dollari). Nel 2019 la spesa pubblica sugli interessi del debito nei Paesi in via di sviluppo era del 2,4% del Pil, superiore dunque a quanto gli Stati più vulnerabili possono investire per il clima (2,1%).

Tre azioni concrete

Papa Francesco è diretto e propone all’inizio di quest’Anno di Grazia, “tre azioni che possano ridare dignità alla vita di intere popolazioni e rimetterle in cammino sulla via della speranza, affinché si superi la crisi del debito e tutti possano ritornare a riconoscersi debitori perdonati”.

Anzitutto, “pensare a una «consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale, che pesa sul destino di molte Nazioni». Riconoscendo il debito ecologico, i Paesi più benestanti si sentano chiamati a far di tutto per condonare i debiti di quei Paesi che non sono nella condizione di ripagare quanto devono. Certamente, perché non si tratti di un atto isolato di beneficenza, che rischia poi di innescare nuovamente un circolo vizioso di finanziamento-debito, occorre, nello stesso tempo, lo sviluppo di una nuova architettura finanziaria, che porti alla creazione di una Carta finanziaria globale, fondata sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli”.

Non sembra vero, ma anche la Banca Mondiale ammette la necessità di un giubileo del debito, dichiarando che «I Paesi più poveri hanno bisogno di una riduzione del debito. I creditori privati, che fanno prestiti rischiosi e ad alto tasso di interesse, dovrebbero sostenere una parte dei costi quando la scommessa va male». È questo perché nel 2023 è stata spesa una cifra record, togliendo risorse a settori critici come sanità, istruzione, ambiente.

Debito record, tassi di interesse ai massimi da due decenni e deprezzamento delle valute sul dollaro hanno portato il costo totale del servizio del debito a un massimo storico per i Paesi in via di sviluppo: rimborso del capitale e interessi è costato 971,1 miliardi di dollari nel 2023, un aumento del 19,7% rispetto all’anno precedente e più del doppio rispetto a dieci anni fa. Secondo il Rapporto sul debito internazionale della Banca Mondiale, pubblicato il 3 dicembre, se nel novero delle nazioni a basso e medio reddito si considera anche la Cina, che tuttavia è la seconda economia al mondo, l’esborso sale a 1.400 miliardi di dollari. Lacausa di tutto ciò è la spirale debito-interessi.

Il Covid-19 ha aumentato drasticamente l’onere del debito di tutti i Paesi in via di sviluppo e la successiva impennata dei tassi di interesse globali ha aggravato ancora la situazione. Su questi stessi Paesi, che hanno le più difficili condizioni di accesso al credito, la pressione finanziaria è stata più forte. Con l’inasprirsi delle condizioni di credito, la Banca Mondiale e altre istituzioni multilaterali sono diventate di fatto «prestatori di ultima istanza, per questi Paesi, un ruolo per il quale non sono state concepite», avvisa la BM.

Il sistema di finanziamento è «disfunzionale»: «il denaro sta uscendo dalle economie povere, quando invece dovrebbe entrare». In un cortocircuito che vede i finanziamenti delle banche multilaterali finire nei bilanci degli investitori privati. Non si può permettere che le istituzioni multilaterali e i creditori pubblici si assumono la quasi totalità dei rischi e i creditori privati raccolgono praticamente tutti i guadagni». E tutto questo nel momento in cui Rutte, della Nato, si schiera con il tycoon Usa affermando che «Il 2% del Pil ora non basta più». Al momento 23 dei 32 alleati hanno raggiunto la soglia del 2%. L’Italia è all’1,49%.

La seconda azione proposta da papa Francesco è l’eliminazione della pena di morte in tutte le Nazioni. Questo provvedimento, infatti, oltre a compromettere l’inviolabilità della vita, annienta ogni speranza umana di perdono e di rinnovamento”.

La terza e ultima azione, in questo tempo segnato dalle guerre, è quella di rilanciare “un altro appello per le giovani generazioni: utilizziamo almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile, contrastando il cambiamento climatico”.

“Dovremmo cercare di eliminare ogni pretesto che possa spingere i giovani a immaginare il proprio futuro senza speranza, oppure come attesa di vendicare il sangue dei propri cari. Il futuro è un dono per andare oltre gli errori del passato, per costruire nuovi cammini di pace”.

La meta della pace

La meta è quella della pace. Nel documento si asserisce che “coloro che intraprenderanno, attraverso i gesti suggeriti, il cammino della speranza potranno vedere sempre più vicina la tanto agognata meta della pace. Quando mi spoglio dell’arma del credito e ridono la via della speranza a una sorella o a un fratello, contribuisco al ristabilimento della giustizia di Dio su questa terra e mi incammino con quella persona verso la meta della pace. Come diceva S. Giovanni XXIII, la vera pace potrà nascere solo da un cuore disarmato dall’ansia e dalla paura della guerra”.

L’augurio che Francesco fa al mondo intero è: “Che il 2025 sia un anno in cui cresca la pace! Quella pace vera e duratura, che non si ferma ai cavilli dei contratti o ai tavoli dei compromessi umani”. E il documento si conclude con l’invito “al disarmo del cuore che è un gesto che coinvolge tutti, dai primi agli ultimi, dai piccoli ai grandi, dai ricchi ai poveri. Infatti, la pace non giunge solo con la fine della guerra, ma con l’inizio di un nuovo mondo, un mondo in cui ci scopriamo diversi, più uniti e più fratelli rispetto a quanto avremmo immaginato”.

Se sei arrivato fin qui, vuol dire che ti interessa ciò che Attac Italia propone. La nostra associazione è totalmente autofinanziata e si basa sulle energie volontarie delle attiviste e degli attivisti. Puoi sostenerci aderendo online e cliccando qui . Un tuo click ci permetterà di continuare la nostra attività. Grazie"