Guerra e repressione del dissenso

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di Osservatorio Repressione

In tutta Europa la repressione delle proteste e del dissenso alla guerra (in Ucraina e, ancor più, in Palestina) avanza. La logica della guerra non chiede di ragionare, ma di obbedire nella volontà di criminalizzare e anestetizzare qualsiasi forma di dissenso.

Le cariche della polizia su ragazzi inermi a Pisa, Firenze, Catania (febbraio 2024) hanno fatto rumore, tanto rumore che al richiamo del presidente Sergio Mattarella si è dovuta accodare alle critiche buona parte dell’opposizione dal Partito democratico (PD) al Movimento 5 Stelle (MS5). Eppure, la repressione delle proteste degli studenti continua indisturbata. Ma non ci sono soltanto i manganelli a zittire gli attivisti, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi ha ipotizzato la possibilità di regolare gli accessi alle università in modo limitato e sotto controllo e la Lega ha depositato in Parlamento un disegno di legge in cui le critiche al Governo israeliano sono equiparate all’antisemitismo.

In Europa il vento non è molto diverso dal nostro Paese.

Il senso di colpa per la Shoah e la cieca difesa di Israele stanno portando la Germania a livelli di intolleranza indegna di uno Stato in teoria democratico. Dal tentativo di censura della scrittrice Masha Gessen al divieto di alcune manifestazioni pro Palestina, l’appoggio a Israele come ragion di Stato ha chiuso la Germania in un cortocircuito paradossale, che affonda le proprie radici nella riparazione della colpa nazionalsocialista. Dopo settimane di martellante campagna di criminalizzazione da parte dei media e della politica tedesca contro il Congresso per la Palestina definito “Intollerabile” dal sindaco di Berlino, la polizia ha tagliato l’elettricità alla sala e ha avvisato partecipanti, organizzatori e speakers che sarebbero stati perseguiti legalmente. Definiti “Odiatori di Israele”, non si trattava certo di facinorosi o antisemiti, ma di noti professori universitari, politici, medici, scrittori e ricercatori. Due di loro non hanno potuto nemmeno entrare nel Paese: il governo tedesco ha infatti notificato a Yanis Varoufakis il divieto di ingresso in Germania e persino di parlare in collegamento. Il medico chirurgo palestinese e rettore dell’Università di Glasgow, Ghassan Abu Sitta, che per 43 giorni ha prestato soccorso a Gaza con Medici Senza Frontiere, è stato fermato all’aeroporto di Berlino e letteralmente deportato. La polizia ha arrestato anche dei cittadini che protestavano per il trattamento a lui riservato e gli ha proibito di tornare all’aeroporto per un anno. Anche Udi Raz, ebreo tedesco portavoce di Jewish Voice for Peace in Germania, è stato arrestato.

In Francia, le autorità hanno vietato le manifestazioni a sostegno di Gaza, arrestato i dimostranti e proceduto allo scioglimento di molti gruppi a sostegno della Palestina. Il 12 ottobre 2023, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha ordinato il divieto assoluto delle manifestazioni a favore della Palestina, sostenendo che “Avrebbero potuto generare disordine pubblico”. Ciò nonostante, applicando un doppio standard abbastanza comune in Francia, sono stati autorizzati raduni a favore di Israele, inclusa una grande marcia organizzata a Parigi dal Consiglio delle istituzioni ebraiche in Francia (Crif), tre giorni dopo l’attacco di Hamas; l’evento ha coinvolto circa 20.000 partecipanti, tra i quali diverse figure appartenenti a tutto lo spettro politico.

I prefetti incaricati di autorizzare le proteste sono indubbiamente influenzati dall’ambiente politico generale, in cui l’accusa di “Apologia del terrorismo” viene genericamente scagliata contro organizzazioni, partiti o figure politiche che esprimono sostegno alla liberazione della Palestina o non usano specificamente il termine terrorismo per descrivere Hamas. Ciò è avvenuto nel caso di due partiti della sinistra radicale: il Nuovo partito anticapitalista (Npa) e La France insoumise (Lfi). La candidata franco-palestinese alle elezioni europee, Rima Hassan di Lfi, è stata accusata di “Apologia del terrorismo”. Jean-Paul Delescaut, segretario regionale della Confédération générale du travail (Cgt) nella regione Nord (una delle più importanti a livello nazionale), è stato condannato dal tribunale di Lille a un anno di prigione con la condizionale per “Apologia di terrorismo”, a causa di un volantino diffuso dalla Federazione il 10 ottobre 2023 a sostegno del popolo palestinese.

Nel conflitto Russia-Ucraina da ambo i lati belligeranti vi è una forte repressione dei movimenti pacifisti e come in ogni guerra chi cerca di non combattere e di proporre soluzioni di pace viene puntualmente perseguitato e privato delle proprie libertà fondamentali.

L’invasione su larga scala dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 ha scatenato un’ondata di proteste in Russia. Per qualche settimana, migliaia di persone si sono riversate nelle strade e nelle piazze per protestare contro l’aggressione russa in maniera spontanea. Prive di struttura organizzativa, le proteste si sono gradualmente affievolite sotto la brutale repressione delle autorità. Nei mesi successivi alle proteste di massa si è sostituito un attivismo contro la guerra di tipo performativo e simbolico. Guerrilla activism e micro proteste sono sorte in tutta la Russia: volantini, graffiti, nastri, performance artistiche, statuette, media di diversa natura. Azioni orizzontali, anonime, senza leader né masse, volte a ribadire l’esistenza di un dissenso sotterraneo, che fatica a emergere in un fronte coeso, a causa del lungimirante e graduale processo di smantellamento delle infrastrutture della società civile operato dal regime di Vladimir Putin dal 2000 a oggi.

Le autorità russe stanno infatti utilizzando tattiche sempre più brutali per reprimere gli attivisti antiguerra nel Paese. I manifestanti pacifici contro la guerra all’Ucraina e coloro che condividono informazioni critiche sulle forze armate russe vanno incontro a severe sanzioni penali, amministrative e anche di altro tipo. Sono state approvate e immediatamente applicate nuove leggi che criminalizzano coloro che esprimono liberamente le proprie opinioni. Il difettoso sistema giudiziario, contraddistinto da processi profondamente ingiusti, viene utilizzato per condannare i dissidenti a pene detentive e multe esorbitanti, con l’intento di soffocare persino la più lieve forma di dissenso. Nel 2023, oltre 21mila persone in Russia sono state sanzionate e 2.307 di queste sottoposte a detenzione amministrativa e il resto multate pesantemente, principalmente per aver partecipato a pacifiche proteste antiguerra per strada o per aver criticato la guerra su internet. Dall’inizio dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, sono stati introdotti i reati di “Diffusione di informazioni palesemente false sull’uso delle Forze armate” e di “Discredito ripetuto delle Forze armate o degli organi dello Stato”. Più di 150 persone sono state coinvolte in procedimenti penali con queste accuse. Molti sono già stati condannati a lunghe pene detentive a causa di queste leggi, che prevedono rispettivamente fino a 15 anni e sette anni di carcere.

In Ucraina la situazione non è migliore rispetto a quella della Russia. Recentemente è stata approvata una legge, fortemente voluta da Volodymyr Zelensky, che prevede il rafforzamento delle pene del personale militare in caso di diserzione, inosservanza o critiche agli ordini. In Ucraina l’obiezione di coscienza al servizio militare non è un diritto riconosciuto. Dopo il 24 febbraio 2022, con la dichiarazione della legge marziale, sottrarsi al servizio militare può costare dai tre ai quattro anni di carcere. Yurii Sheliazhenko, del Movimento pacifista ucraino, attivo nella Campagna internazionale #ObjectWarCampaign, sta subendo una dura repressione per la sua esposizione mediatica che mostra al mondo l’esistenza di un vasto movimento per la pace in dissenso con la politica del governo Zelensky.

Tutto questo avviene in un clima nel quale la preparazione mediatica all’eventualità di una guerra ormai è conclamata. Le parole dell’ammiraglio Bob Bauer, una delle massime cariche militari della Nato, nel presentare il 18 gennaio 2024 alla stampa le manovre militari in corso nel Mediterraneo e nel Baltico come «“Le più importanti degli ultimi decenni“ sono state esplicite: “Per molti decenni abbiamo avuto questa idea dell’esercito professionale che avrebbe risolto tutti i problemi di sicurezza ma per una difesa collettiva gli apparati militari attuali non sono più sufficienti, tu hai bisogno di più gente che sostenga gli eserciti. È l’intera società che deve sentirsi coinvolta, che le piaccia o no”.

Oggi bisogna essere più che mai tenacemente contro la guerra. E per noi, in Italia, è necessaria la massima allerta: tira un forte vento di destra, che per ora si indirizza sulle proteste studentesche ma che non esiterebbe a reprimere con maggior durezza ogni dissenso. Anche per questo motivo, oltre che per protestare contro guerra, violenza, discriminazione sociale, le nostre piazze devono essere piene: facciamo comprendere a chi ci governa con l’uso della propaganda, quando non addirittura con la menzogna, che l’era della servitù volontaria sta per finire e il popolo ha capito che un unico filo tiene insieme la guerra sociale e la drammaticità senza rimedio della guerra vera.

Immagini:

“Venaria. Corteo di fronte all’area interdetta durante il meeting dei ministri dell’ambiente del G7” Foto: M.BARIONA

“Torino. Durante la fiaccolata del 24 aprile le forze di Polizia impediscono allo spezzone sociale di avvicinarsi al palco delle autorità” Foto: M.BARIONA

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 53 di Maggio – Giugno 2024: “Chi fa la guerra non va lasciato in pace

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