Venti anni dopo: riprendiamoci la Cassa!

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riprendiamoci la cassa

di Marco Bersani (Campagna “Riprendiamoci il Comune”)

“Non ci sono i soldi” è l’ossessiva risposta che ogni rivendicazione dal basso si sente ripetere dalle istituzioni pubbliche, messe con le spalle al muro da decenni di politiche liberiste e di austerità imposte da normative comunitarie che, da Maastricht in poi, hanno ridisegnato la funzione del “pubblico” orientandolo all’unico obiettivo della cosiddetta stabilità dei conti.  E’ davvero così? Decisamente no, perché i soldi ci sono, sono tanti, persino troppi. Il problema è che sono tutti nelle mani sbagliate o indirizzati al servizio di interessi di tipo privatistico, invece che all’interesse generale.

Per dimostrarlo, parliamo di Cassa Depositi e Prestiti, uno dei grandi paradossi del nostro Paese, perché è l’istituzione più utilizzata dalle persone e la più sconosciuta alle stesse. Sono oltre venti milioni le persone che mettono i propri risparmi in un libretto di risparmio postale o in buoni fruttiferi postali. Questi risparmi, dalle poste transitano in Cassa Depositi e Prestiti, la quale per oltre 140 anni è stata un ente pubblico con due esclusivi compiti: tutelare quei risparmi e utilizzare l’enorme massa di denaro raccolta per finanziare a tassi agevolati gli investimenti degli enti pubblici. Un semplice meccanismo che dal 1850 al 1990 ha consentito di dotare le comunità territoriali di moltissime opere pubbliche di interesse generale: acquedotti, ferrovie, strade, parchi, asili nido, scuole, ospedali, case, teatri etc.

Cosa è successo nel 1990? Siamo nell’epoca dell’avvento della dottrina neoliberale e avanzano a piè sospinto le politiche di privatizzazione, che, naturalmente, investono in pieno l’intero sistema bancario e finanziario (siamo l’unico Paese al mondo che è passato da un controllo pubblico sulle banche pari al 74,5% negli anni’80 del secolo scorso allo 0% attuale). Le banche privatizzate scoprono di essere totalmente escluse da un mercato gigantesco: gli investimenti promossi dagli enti pubblici, che sino ad allora potevano essere finanziati solo attraverso Cassa Depositi e Prestiti. Iniziano di conseguenza a premere sui governi per potervi accedere.

Il primo passo in questa direzione lo compie l’allora governo Amato, che nel 1990 liberalizza le possibilità di finanziamento degli enti locali, i quali, da quel momento, potranno accedere ai finanziamenti non più solo attraverso Cassa Depositi e Prestiti ma anche all’interno del circuito bancario e finanziario. Un passo decisivo, ma senza rilevanti effetti pratici, in quanto le banche erogavano prestiti a tassi di mercato e non a tassi agevolati come Cassa Depositi e Prestiti.

La pressione delle banche privatizzate continua fino a quando, nel 2003, l’allora governo Berlusconi, ministro dell’economia Tremonti, fa il passo decisivo: Cassa Depositi e Prestiti diventa una società per azioni e le fondazioni bancarie -i maggiori azionisti delle banche privatizzate- entrano nel suo capitale sociale.

La trasformazione è epocale e questi venti anni di privatizzazione della Cassa Depositi e Prestiti ne dimostrano la portata. Cassa Depositi e Prestiti è diventata un soggetto finanziario a tutto campo che agisce sull’economia nazionale e internazionale a 360 gradi, orientando i propri investimenti unicamente all’obiettivo del profitto. Quello che per oltre 140 anni era stato un ente di diritto pubblico al servizio delle comunità locali è oggi divenuto una holding con diverse società al proprio interno:

CDP Equity https://www.cdp.it/resources/cms/documents/Societogramma_CDP_Equity_30-06-2022.pdf, controllata al 100% da Cassa Depositi e Prestiti, che sostiene il mercato privato italiano con risorse aggiuntive o complementari, agendo sia come azionista di minoranza in società quotate e non quotate, sia attraverso Sgr partecipate e/o gestite da terzi;

Cdp Reti https://www.cdp.it/sitointernet/it/cdp_reti.page, controllata al 59,1% da Cassa Depositi e Prestiti, che detiene investimenti in Snam (31,35%), Italgas (26,01%), e Terna (29,85%), con l’obiettivo di sostenere lo sviluppo di infrastrutture di trasporto, rigassificazione, stoccaggio e distribuzione del gas naturale e dell’energia elettrica;

Simest https://www.simest.it/, controllata al 76% da Cassa Depositi e Prestiti, che investe per la crescita delle imprese italiane all’estero;

Fintecna http://www.fintecna.it/, controllata al 100% da Cassa Depositi e Prestiti, che si occupa di assunzione, gestione e dismissione in società del settore industriale, immobiliare e dei servizi;

CDP Immobiliare https://www.cdpimmobiliare.it/, controllata al 100% da Cassa Depositi e Prestiti, che si occupa di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico;

CDP Real Asset Sgr https://www.cdprealasset.it/, controllata al 70% da Cassa Depositi e Prestiti, che gestisce investimenti nell’abitare, nella valorizzazione del patrimonio pubblico, nel turismo, nello sviluppo e nelle infrastrutture.

Ovviamente, anche la relazione tra Cassa Depositi e Prestiti con gli enti pubblici territoriali è profondamente mutata: i prestiti ai Comuni sono a tassi di mercato come quelli di una qualsiasi banca, e Cassa Depositi e Prestiti si propone oggi come partner sia per la svendita del patrimonio pubblico (chiamata “valorizzazione”) sia per la privatizzazione dei servizi pubblici locali attraverso la costituzione di multiutilty da collocare in Borsa.

Si realizza così una perversa quadratura del cerchio: i risparmi di oltre venti milioni di persone finanziano l’espropriazione alle comunità territoriali di beni comuni, diritti e servizi pubblici.

Ma quanto raccoglie Cassa Depositi e Prestiti di risparmio postale? Duecentottanta miliardi, una cifra enorme, che potrebbe essere utilizzata, come propone la campagna Riprendiamoci il Comune e le due relative proposte di legge d’iniziativa popolare, per la costruzione di un altro modello sociale, ecologico e relazionale a partire dai Comuni e dalle comunità territoriali.

Un ulteriore punto va chiarito: quei duecentottanta miliardi non sono a disposizione per la spesa pubblica, sono ovviamente prestiti frutto del risparmio, che va tutelato, di oltre venti milioni di persone. Ma queste persone, al contrario degli investitori sui mercati speculativi, non chiedono che il proprio denaro frutti loro enormi performance di redditività, bensì che sia semplicemente tutelato, e sarebbero più che d’accordo che, nel frattempo, venga utilizzato per opere pubbliche capaci di intervenire nelle proprie comunità di riferimento in direzione della conversione ecologica, della giustizia sociale e di una diversa qualità della vita e delle relazioni sociali. Un circolo virtuoso che garantirebbe il risparmio molto meglio che non le attuali operazioni economico-finanziarie che Cassa Depositi e Prestiti mette in campo agendo su settori basati unicamente sulla profittabilità e investendo in fondi con capitale a rischio.

Venti anni dopo la sciagurata privatizzazione di Cassa Depositi e Prestiti è arrivato il momento di riprenderci la Cassa e la possibilità di un futuro diverso per tutte e tutti.

Foto: Attac Italia

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 51 di Gennaio-Marzo 2023: “Riprendiamoci il Comune

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